Via Religiosa – Via Iniziatica (riflessioni a confronto in 3 parti)

VIA   RELIGIOSA – VIA   INIZIATICA
riflessioni a confronto in 3 parti

Parte prima    

A.      Ambedue sono percorsi che cercano di realizzare la “spiritualizzazione” dell’individuo.
Il termine “spiritualizzazione” (vago, controverso, frainteso, negato, esaltato), ha le sue radici nel ter-mine latino “spiritus”, collegato all’idea del respirare, della respirazione, in tanto quanto azione che esprime il moto del “soffio” (dell’alito che va e viene), inteso come fattore essenziale che anima la vita.

B.      La respirazione rappresenta fondamentalmente uno scambio tra un aspetto interiore ed uno esteriore all’individuo, ossia a una relazione intima con la Vita, la Natura e i suoi fenomeni, di cui facciamo parte noi e i nostri coinquilini planetari: quando smettiamo di respirare, questo tipo di relazione sembra interrompersi definitivamente e con ciò tralascio per il momento volutamente i concetti di tipo reincarnazionista, che non ritengo né di mia competenza, né di mio convincimento.
La respirazione può esprimere pure l’idea di un rapporto tra l’Individuo e l’Universo, definendo con ciò da un lato la Trascendenza e dall’altro lato l’Immanenza: tra ciò che prevalentemente ci trascende, quindi non è palpabile, non è concreto, misurabile, raggiungibile con i sensi o con la ragione e ciò che invece è a portata di mano (si fa per dire), ossia le contingenze, che invece concrete, solitamente tangibili, misurabili, ponderabili e raggiungibili con il raziocinio, almeno in buona parte sono.

C.      Trascendenza e Immanenza sono due aspetti complementari e fondamentali della vita, soprattutto  se la si vuole pienamente umana (leggi pure spirituale, religiosa, iniziatica, mistica) e per compiere questo percorso, si tratta di saper coniugare questi due aspetti per vivere almeno con un relativo equilibrio (che si può definire “dinamico”), ossia con il vissuto consapevole della “Trascendenza-Immanente” (termine utilizzato nel particolare e caro a Karlfried Graf Dürckheim), concetto rappresentante un “Tuttuno”: definito in diversi luoghi e tempi, con forme, colori, suoni, movimenti e nomi diversi, ma che tutto sommato rimane un concetto olistico, ossia globale, integrale.

“Congiungersi” con questo Tuttuno, dal quale fondamentalmente non siamo mai stati separati, perché sarebbe un’impossibilità vera e propria, semmai lo siamo soltanto mentalmente e-o sul piano comportamentale, che rappresentano la superficie della realtà.
Questa congiunzione è in fondo quanto sembrano ambire sia il percorso religioso che quello iniziatico, anche se tra queste due vie esistono differenze e strumenti caratteristici, che imprimono ai due percorsi modalità diverse a tal punto  che il loro obiettivo, pur essendo in un qualche modo comune, da ambo le parti spesso non è più riconoscibile come tale, ciò che può facilmente dar luogo a incomprensioni, dissensi, scontri, persecuzioni, addirittura azioni bellicose e distruttive (vedi per esempio e tra l’altro la sorte che hanno subito i «Templari », ordine iniziatico di tipo marziale-cavalleresco, anche se si afferma che l’incomprensione non ne è stata la sola ragione, alludendo a fattori attinenti a possesso e potere)!

D.      Prima di entrare maggiomente nei dettagli (con i punti 1, 2 e seguenti) vorrei proporre, a conclusione della breve introduzione, un esempio che potrebbe forse illustrare e chiarire analogicamente, almeno in parte, ciò che stavo cercando e cercherò ancora di dire per sommi capi.
“Analogia tra due alpinisti” (anche se, ne sono perfettamente consapevole, le analogie possono talvolta risultare «claudicanti», pur indicando almeno una direzione per delle possibilità interpretative):

il primo alpinista si muove in gruppo, in cordata, seguendo il tracciato stabilito dalla «guida di montagna» , guida che ogni tanto interviene :
– Metti il piede lì, la mano là, attento…prendi il canalone di destra, evita la fenditura di sinistra, fermati un momento, riprendi fiato, bevi qualche sorso d’acqua, ora puoi riprendere la scalata, ma attenzione alla roccia friabile, che comincia tra poco e per un breve tratto, al di sopra della tua testa, ecc. ecc. ecc.

il secondo alpinista invece, pratica qualcosa come il « free-climbing », salendo passo per passo, mano dopo mano, cercando i punti d’appoggio che gli sembrano validi: può magari interpellare un collega, una guida se c’è, qualcuno nei pressi, ma segue un suo itinerario, qualcosa che lo convince e lo smuove dall’interno in rapporto all’esterno, per prendere le decisioni adeguate alla situazione, ovvero quelle che da un lato gli sono congeniali e che dall’altro lato gli sembrano corrispondere alle esigenze situazionali.

Riprendo quindi e con altre parole la descrizione delle due vie:

1.       quella religiosa è basata essenzialmente su dei “credo”, ossia sul credere, dare credito, fiducia a degli insegnamenti, dei dogmi di provenienza esteriore, stabiliti da terzi talvolta anonimi, addirittura in tempi lontani, o attribuiti perfino a una o a delle divinità, ma che solitamente e soprattutto, almeno in partenza, sono estranei ad un’autentica, rigorosa, personale esperienza del singolo credente;

2.       quella iniziatica è basata invece soprattutto sulle “esperienze” estero-interiori, su un lavoro con il “simbolismo”, dove si dà credito alle proprie percezioni, ai propri vissuti, alle personali esperienze e visioni della realtà, ai propri ripensamenti, senza fare riferi-mento, ossia senza dar cieca fiducia a dogmi stipulati e imposti da terzi!
(Almeno così dovrebbe essere e c’è chi afferma pure che così sia, anche se poi da situazione a situazione sarebbe probabilmente da valutare se così avviene veramente!)
Ci si riferisce quindi a esperienze, vissuti personali di cui si rivede, rielabora i contenuti ripetutamente, in modo periodicamente rinno-vato: si “inizia” ripetutamente una ricerca indipendente, ovviamente secondo le proprie possibilità e i propri limiti, questi ultimi solitamente maggiori delle prime, ciò che tra l’altro potrebbero essere un valido stimolo per la “cultura dell’umiltà”:
“chiave reale” per accedere e procedere su una Via Esoterica.

In altre parole si ricomincia periodicamente a rimettere l’acquisito in discussione, a procedere a delle verifiche sulla loro aderenza alle realtà.
Detto ancora diversamente, ma come già accennato: si “inizia”, si ricomincia ripetutamente da capo il processo dell’acquisizione della conoscenza, in questo caso immediata, diretta, impersonale, mentre nella via religiosa, soprattutto in quella istituzionalizzata, il processo è mediato, personalizzato e rappresenta una sottomissione a delle prescrizioni, a dei “must”.

Questi due tronchi possono però a loro volta, essere divisi in due rami:

1.1     Ci sono da un lato i percorsi religiosi individuali, liberi, chiamiamoli di “religiosità libera”, in cui l’individuo in modo preva-lentemente intuitivo, cerca di collegarsi alla corrente essenziale, fondamentale della Vita.
Spesso però in una modalità nel vivere la trascendenza, un po’ come se avesse i connotati dell’essere umano, soprattutto dei suoi desi-deri: dove prevalgono bontà, comprensione, giustizia, equità, clemenza per l’individuo, ossia un qualcosa di buono, caritatevole che ci accompagna, sostiene e protegge, gratifica (o punisce) secondo i nostri cosiddetti meriti (o demeriti) e questo individualmente, nominal-mente, personalmente.
Una modalità basata prevalentemente sui nostri sentimenti, di cui fa pure parte il misticismo, che si potrebbe definire il rappresentante di un’estensione della religiosità individuale, anche se nella direzione dei suoi apici: modalità fondata pure sulle nostre illusioni e perché no, anche sul nostro tornaconto in un rapporto sentimentale con la divinità, ciò che possiamo circoscrivere pure con il termine di antropomorfizzazione (vale a dire quel tentare di rendere la divinità simile alle caratteristiche, alle aspirazioni, ai desideri, alle tendenze tipiche dell’essere umano).

Leggendo un qualche, se pur breve testo, ce se ne può rendere conto, come per esempio quelli, presi a caso, di alcuni mistici medievali:
– O Dio mio, il mio segreto Ti è conosciuto: sono colui che ti desidera.
– Bevi il vino del Suo amore per te: talmente che ti ubriacherà del tuo amore per Lui.
– Questo è uno dei doni e dei favori di Dio. Tutto ciò che fa è saporito, giusto e buono…
(espresso da quest’ultimo mistico, mentre si trovava in una prigione di Bagdad!)

1.2      Dall’altro lato esiste un processo religioso vincolato a delle istituzioni religiose, a delle strutture predefinite, con un insieme considerevole di costruzioni per ospitare da un lato la “Divinità”, dall’altro lato i “Fedeli”, che lo sono e possono rimanere soltanto se seguono le regole, i rituali, insegnamenti e obblighi prestabiliti.
Da noi troviamo per esempio le chiese cristiane: tra l’altro il Cattolicesimo, Protestantesimo, la Chiesa d’Oriente, l’Anglicanismo, per non parlare delle innumerevoli sette con i loro sistemi particolari e in un qualche modo relativamente indipendenti dalle correnti fondamentali succitate (leggi tra l’altro: Testimoni di Geova, Avventisti, Christian Science, Mormoni, Quaccheri, ecc…  pare che soltanto in Svizzera ce ne siano all’incirca 200!)
E pur volendo essere dei cunei di pace in questo mondo torturato, oh paradosso, si sono svolte, soprattutto in passato, delle guerre (ma pure ai nostri giorni, anche se altrove), almeno in nome di alcune, con tanto di “terrorismo mentale”, distruzioni materiali, invalidi e morti.

Vi sono ovviamente altre istituzioni importanti: nel Giudaismo, nell’Islam, nell’Induismo e quant’altro, anche se aventi origini e forme diverse, ma scopi simili, come quelli di “vincolare e sottomettere” il credente ad una o più Divinità, alle quali si aderisce tra l’altro per mettersi al loro riparo, inserirsi nelle loro “Regole”, “piegare le ginocchia”, che significa abdicare al proprio potere “rimettendolo in mano” a ciò che ci sta di fronte o al disopra, nel particolare davanti ad un loro rappresentante, ovviamente scelto e deciso dagli uomini, ma talvolta peggio ancora autoeletto, autoimposto!

Per quanto concerne la via iniziatica possiamo invece trovare, piaccia o meno, suppergiù fenomeni simili, vale a dire:
2.1    da un lato un percorso individuale, un itinerario libero, in cui il singolo cerca di sperimentare la Trascendenza-Immanente, magari a tastoni, in modo inconsapevole, casuale, occasionale: vedi l’originale testo di Thaddeus Golas “The lazy men’s guide to enlightenment” che tradotto significa “La guida all’illuminazione per l’uomo pigro”, ma che nella traduzione italiana è stata definita la “Guida rapida all’ illuminazione, consigliata soprattutto alle persone pigre”, (Ed. Aequilibrium, Milano, che si può ottenere anche tramite il web) e questo secondo un bisogno, una spinta interiore, da un lato intuitiva, ma dall’altro lato basata non di rado pure sull’ esperienza, la ragione e da queste stimolata.

In passato, ma in modo ben strutturato e progressivo, quindi non casuale, esisteva un percorso rappresentato dagli Alchimisti medievali e rinascimentali, per i quali esisteva perfino la possibilità di realizzare la “Coppia  alchemica”, un connubio tra un uomo e una donna nella loro comune ricerca spirituale.
A quanto pare, esiste perfino un revival alchemico attuale, ovviamente con connotati moderni: vedi Patrick Burensteinas: “De la matière à la Lumière”, Pierre philosophale, Modèle du monde, (Ed. Le Mercure Dauphinois), senza dimenticare i suoi DVD sul “Voyage alchimique” (de la place principale de Bruxelles à Saint-Jacques de Compostelle).

2.2     Dall’altro lato possiamo trovare un percorso che può essere vincolato individualmente ad un Maestro, Guru, a una Guida spirituale o come dir si voglia, come per esempio e tra l’altro nelle vie dello Yoga, del Taoismo, della Cabala, del Sufismo e dello Zen. Di quest’ultimo vanno ricordate le svariate arti, marziali e non, come la Calligrafia, l’Ikebana, il Bonsai, le Poesie, i Dipinti e i Giardini Zen.

Oppure ancora sotto forma di una via inserita in istituzioni, di cui da noi in occidente le maggiori rappresentanti attuali sono le diverse forme di Massoneria: in passato anche i “Templari”, di cui esistono, a quanto pare, delle forme più recenti in Portogallo: il “poeta nazionale” per eccellenza Fernando Pessoa che ne faceva parte, ne ha accennato, se la mia memoria non mi tradisce, nelle sue “Pagine esoteriche” (Ed. Adelphi).
Istituzioni dotate pure di templi, rituali, regolamenti, ma la cui preoccupazione principale rimane l’esperienza cognitiva personale, diretta, immediata, (la “Conoscenza per identificazione”, come credo la definiva R. Guénon), dove il singolo non è sottoposto a un credo prestabilito, anche se qua e là ci si riferisce ancora a delle entità denominate in modo specifico, che tutto sommato sembrano delle definizioni alternative per la Divinità.

È quel cercare di definire l’indefinibile Mistero, perché se fosse definibile avrebbe un fine, una fine e quindi non rappresenterebbe più l’Infinito e l’Eternità: ossia la (le) Divinità con i loro svariati “collaboratori“ come Brahma, Vishnu, Shiva, Lao-Tze, Mosè, Salomone, Gesù, Maometto, ecc.
Nella tradizione ebraica per esempio, il “Nome di Dio” non viene scritto o pronunciato, ma semmai rappresentato nel particolare da alcune lettere, scandite separatamente: J(od)H(e)V(av)H(e), ma in fondo si tratta pur sempre della stessa strategia, direi di un sotterfugio, addirittura di tipo scaramantico, per cercare di invocare il “Protettore Supremo”, in un modo o in un altro l’Innominabile, per sollecitare sotto sotto i suoi favori (senza essere puniti perché lo si è nominato)
“Il nome che può essere nominato, non è l’eterno nome”, recita invece Lao-Tze nel Tao-Te Ching, all’ inizio del 1° aforisma di tipo metafisico!
Tra le succitate istituzioni, non vanno dimenticate le “Tessitrici Olandesi” di più recente creazione, che rappresentano una via iniziatica originale, perché tipicamente femminile, con lo strumento di supporto della Tessitura (sin dai primordi attività tipicamente femminile).

Nelle Logge massoniche invece, maschili, femminili o miste che siano, vengono utilizzati degli strumenti di lavoro (anche se simbolicamente), tipicamente maschili, ossia quelli dei “massoni costruttori”, i cosiddetti “anziani operativi” (the Ancients), che effettivamente costruivano degli edifici, delle Cattedrali e i cui strumenti di lavoro e il conseguente operato servivano al tempo stesso come punto di riferimento, come stimolo per l’elevazione spirituale.
Questo circa all’inizio del XVIII° sec. prima dell’avvento della “Massoneria moderna” (quest’ultima detta pure “speculativa, o simbolica”) perché, a partire da allora, “gli strumenti” non venivano più utilizzati per costruire degli edifici veri e propri, ma la propria interiorità, il proprio atteggiamento e comportamento, il proprio connubio con e la propria integrazione nella Vita, così almeno era inteso, è tuttora prospettato, anche se non ovunque e nella stessa misura.
(Per inciso, attualmente aleggia un diffuso spirito speculativo nel mondo: che possa esistere un qualche rapporto con quel radicale cambiamento di mentalità, che ha portato per esempio e tra l’altro a guadagnare denaro non più lavorando come una volta, ma facendo lavorare il denaro!!!)

3. Tornando all’argomento principale, una delle sigle di maggiore rilievo e che molto probabilmente può sintetizzare il percorso iniziatico, sia di tipo individualizzato o collettivo poco importa, si esprime nelle sette lettere seguenti (vedi pure il testo “La Bussola”, quando sarà pubblicato, per ora ci sono ancora dei problemi tecnici a causa del “Logo” che non riesco a trasferire!)

V. I .T . R . I . O . L, con il significato intrinseco di:
Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem”

Si potrebbe affermare che questa sigla riproduce in stile “telegrafico” il percorso della “Commedia” dantesca: “manuale iniziatico” per eccellenza, mi piace ripeterlo per chi non dovesse già saperlo!
Esiste un’altra versione forse più interessante, perché propone di collegare (> re-ligare > re-ligione) maggiormente e consapevolmente l’individuo con l’Universo che sarebbe:
V.I.T.R.I.O.L.U.M, le ultime due lettere stando per Universi Medicina, oppure Veram Medicinam, se la U, come talvolta succede, viene considerata ed interpretata come una V.
Forse in latino la definizione andrebbe ritoccata (anche perché qui la mia memoria ha fatto un tonfo per il latino), ma comunque si tratta di 9 lettere che possono rappresentare il 3, ovvero la perfezione moltiplicata per sé stessa!
Ricordo per inciso che con Dante, la “Commedia” procede con la cosiddetta “rima legata, incatenata o dantesca” con 3 terzine per volta, ossia di 9 versi.
Ogni terzina è composta da 3 versi con 11 sillabe per un totale di 33 sillabe: offre così al tempo stesso lo straordinario ritmo ed equilibrio che caratterizza tutto il poema e ne fa, anche sul piano letterario, una delle massime performance, visto che questo ritmo viene mantenuto all’incirca durante 14’000 versi, ossia durante 3 Cantiche con i loro 33 Canti più un canto introduttivo per un totale di 100!

Il significato che si può estrarre dalla sigla dianzi citata, corrisponde tra l’altro e suppergiù all’interpretazione seguente:
“Penetra, approfondisci i contenuti della Vita, in particolare la sua interiorità, rettifica e trasforma le tue erranze in modo tale che tu possa trovare la cosiddetta “Pietra Filosofale”, ossia la conoscenza, la saggezza, l’armonia che ti permetteranno di portare a buon fine la tua esistenza, in stretta unione con le “Leggi Universali” che definiscono, determinano e includono tutte le forme di vita. Oppure espresso un po’ diversamente:

1.        Visita, indaga, scopri, approfondisci le caratteristiche della Vita, della tua in particolare senza tralasciare la tua interiorità, soprattutto la sua zona d’ombra: “la discesa negli Inferi”, l’Inferno;

2.       dopo di che cerca di rettificare le tue perversioni, di trasformare le tue debolezze, le tue erranze per poter risalire lungo un percorso evolutivo-costruttivo: “salita sul monte della purificazione”, ossia del Purgatorio;

3.       infine questo processo ti permetterà forse di trovare e realizzare la saggezza, per avvicinarti al completamento del tuo percorso, all’apice dell’autentica cultura umana: “perfezionamento negli stati superiori dell’individuo”, ossia il Paradiso.

*          *          *

Detto ciò, mi sembra importante cercare di chiarire maggiormente il problema di ciò che è iniziatico e soprattutto di ciò che non lo è, visto che questo tema dà luogo a parecchia confusione e, secondo il mio modesto parere, soprattutto a tutta una serie di pregiudizi, di contestazioni, di malintesi!

So long, I am around…

Fine della prima parte


 Parte seconda                                                                         

La confusione ed i pregiudizi risiedono soprattutto in un fatto che ritroviamo più palesemente nelle religioni istituzionalizzate, ma guardando attentamente, possiamo riscontrarlo anche nel mondo cosiddetto iniziatico (dove in fondo non lo si dovrebbe trovare), ma che affronteremo in un secondo tempo.

Infatti, per quanto concerne le istituzioni religiose, troviamo il fenomeno formale ed esclusivo delle “Religioni che detengono la Verità”. Vanno quindi seguite alla lettera ed il credente non ha alternative (non ha scampo!), ossia diritto a critiche e modifiche, pena l’esclusione, addirittura la scomunica .

C’è chi ha affermato che questo esclusivismo “fosse necessario” (credo si tratti di René Guénon), “perché diversamente si creerebbe confusione nel credente”!
Appunto nel credente, ossia in una specie di “dipendente mentale, relazionale e comportamentale”.
C’è però un piccolo problema: come la mettiamo con i “transfughi”?
Hanno pur dovuto informarsi, prendere conoscenza di “altre Verità”, per passare per esempio dal Cristianesimo all’Islam o al Buddismo: si può tranquillamente affermare che si tratta di persone “confuse”?
Non credo proprio! Penso invece che non si trovavano a loro agio nella “religione d’origine”, si sono informate e hanno fatto altre scelte, magari appropriate, forse deluse col tempo, ma comunque delle scelte che non suppongo siano nate da “confusioni”!

È ovvio che se si crede in qualcosa che è stato inculcato come assoluto e altri propongono qualcosa di diverso, questo può creare dubbi, sollecitare lo spirito critico, far riconsiderare il credo e quindi liberare magari da una “schiavitù culturale”.
Questa messa in discussione di dogmi e strutture gerarchiche (che in definitiva sono nient’altro che una forma verticistica ed esclusiva di potere), non può essere tollerata da un’istituzione perché potrebbe minare questo potere, che sia temporale o spirituale poco importa!
D’altronde (e spero che non mi stancherò di ripeterlo per cercare di oggettivare certi ordini di realtà!), non va dimenticato che le grandi istituzioni religiose attuali, all’inizio erano formate da piccoli gruppi, poi da veri e propri movimenti eretici in crescendo!
Essendo queste istituzioni attualmente milionarie di aderenti, nessuno parla più di eresia, ma ai primordi della loro “carriera”, perlomeno per l’establishment di allora, erano indiscutibilmente “eretiche” e perseguitate come tali (talvolta erano addirittura anche persecutorie).

Poi c’è stata come una sostituzione: ciò che prima era “eretico” è diventato l’establishment e questo a sua volta taccia di eretico ciò che è diverso, innovativo, che non condivide necessariamente le medesime posizioni politico-culturali, proprio perché procedendo, la vita, la storia, le storie cambiano, si trasformano così come tutto si trasforma, visto che si tratta di una Legge Universale alla quale tutti e tutto è sotto-posto.
Nella Grande Triade indù “capeggiata” da Brahman che tutto comprende, questo processo viene descritto con Brahma il Creatore, Vishnu il Conservatore e, sempre simbolicamente parlando, infine da Shiva il di-truttore, l’entità “Distruttrice, ma al tempo stesso Trasformatrice”, ossia che va oltre le forme formate.

Ne riparleremo a proposito delle cosiddette istituzioni iniziatiche.
Infatti queste ultime presentano impressionanti paralleli con le istituzioni ecclesiastiche, anche se non includono certi aspetti contenuti nelle grandi imprese religiose.
Per inciso non va trascurato il fatto che per esempio su certe facciate delle cattedrali di Chartres e Notre-Dame di Parigi, si possono trovare statue e bassorilievi che permettono una duplice lettura, sia religiosa che alchemica, quindi essoterica ed esoterica !
Sto alludendo anche alle svariate guerre di religione, completamente in contrasto con le intenzioni “ideologiche” fondamentali che esaltano certi aspetti come: “l’amore, il rispetto, la tolleranza, la compassione, il perdono e tant’altro”.

Pare che certe guerre religiose siano perfino state maschere, strumenti manipolatori da parte del potere temporale, per sostenere le proprie “ambizioni terrene”: vedi per esempio le “Crociate” che dovevano assicurare tra l’altro ai rampolli di “certe grandi famiglie governanti” nuovi presidi, nuovi territori! Comunque sia, i paralleli tra i due percorsi sussistono, in particolare:

1.   nelle forme gerarchiche e quindi in quelle di concentrazione del potere in mano di pochi (le oligarchie);
2.   negli innumerevoli dissensi e scissioni all’interno dei diversi “raggruppamenti”, interminabili serie di splitting per svariate ragioni, tutte considerate ragguardevoli e giustificate da parte dei scissionisti!;
3.  nella trasmissione di dogmi, anche laddove si pretende l’adogmatismo, perché a guardar bene, non fosse che per quest’ asserzione, esso è pur sempre un…dogma: “il dogma dell’adogmatismo”: e non si tratta semplicemente di un bisticcio di  parole, a parte il fatto che l’adogmatismo puro e crudo non è necessariamente un ideale al quale inneggiare e sottoscrivere, perché in pratica non è forse né necessario, né  veramente realizzabile : viviamo pur sempre di qualcosa che ci è stato insegnato, che abbiamo appreso, ereditato e conservato a partire da terzi, in altre parole qualcosa che si può pur definire essere dei “dogmi”, che si potrebbero anche definire dei “dogmi occulti”, non necessa-riamente intenzionali, né controproducenti;
4.  nell’applicazione di rituali cinetici, verbali, “musicali” e rappresentazioni figurative, che non dovrebbero essere  modificati non fosse perché facenti parte di “antiche tradizioni”: anche se poi da raggruppamento a raggruppamento, questi  rituali possono variare, ma pure da regione a regione e anche in tempi diversi, ragione per cui ci si può interrogare seriamente sulla natura del “tradizionalismo” di tali proce-
dure;
5.  ambedue soffrono quindi di un preteso e cosiddetto “tradizionalismo” che si vuole ininterrotto (un bel esempio di volontarismo), talvolta a partire da oscuri primordi, secondo percorsi incontrollati ed incontrollabili che, visti i vari dissensi e le varie scissioni, possono lasciare alquanto perplessi circa la loro effettività;
6.  ambedue prospettano il raggiungimento di mete superiori all’abituale livello umano, ma ambedue non possono garantire nulla di simile, perché di fatto si può trovare in ambedue i campi, “successi e palesi insuccessi” con il conseguimento di obiettivi decadenti e-o contradittori, magari senza che gli interessati se ne rendano veramente conto, perché talvolta i membri di tali istituzioni, sono carenti sia nel distacco che nei necessari strumenti per oggettivare la realtà in cui sono implicati, ovvero nel saper praticare veramente i cosiddetti “esami di realtà”;
7.  nei due campi si allude spesso a un “Mistero” di fondo, ma poi si cerca in un qualche modo di definirlo, magari anche di spiegarlo, ciò che è in contraddizione con lo stesso concetto di “Mistero”!

A proposito di “Mistero” va forse ancora sottolineato che la sua natura consiste nell’indicibilità dei suoi contenuti, non perché non si vuole comunicare qualche cosa che dovrebbe rimanere segreto, ma perché i contenuti veri e propri sono irraggiungibili a livello verbale-razionale!
A proposito vorrei suggerire un esempio a carattere metaforico, molto semplice e a portata di mano:

– Da giovane ho lavorato durante un certo tempo in piantagioni di frutta subtropicale, dove c’erano pure delle piante di Annona cirimoia, che non avevo conosciuto prima di allora e di cui non avevo mai assaggiato i frutti.
Ora, fatta l’esperienza, potrei descrivere questo frutto per filo e per segno, ciò che permetterebbe di riconoscerlo magari  in una vetrina, in un cesto di fruttivendolo, ma anche su Google, senza però rendere l’idea di che cosa sia veramente.
“Saperlo” lo si potrà soltanto quando lo si sarà “as-saporato” e anche descrivere questo sapore a terzi risulterà praticamente impossibile.
Al massimo si riuscirà ad esprimerlo con allusioni e, a conti fatti, le impressioni di ognuno saranno diverse e rimarranno in fondo incomunicabili!

Per conoscere veramente un percorso bisogna percorrerlo senza preconcetti,
perché questi sviano dalla sua essenza!

Per concludere, vorrei ancora accennare a un problema concernente il percorso iniziatico, comprese le sue istituzioni.
Coloro che fanno parte di istituzioni iniziatiche, così come vale per quelle religiose, hanno la tendenza a declassare tutto ciò che non fa parte del proprio ”modus vivendi et operandi”, come per esempio quando:
1. non ci sono riti d’iniziazione veri e propri,
2. non ci sono testi e rituali predefiniti da seguire alla lettera,
3. non c’è un’organizzazione, con dei templi per accogliere i “fedeli”,
e individui (leggi pure anche “caste”), qualificati(e) che possano trasmettere (magari “da cosiddetti
tempi immemorabili”) un patrimonio iniziatico.

Riprendiamo i succitati punti uno per uno da un’altra prospettiva: perché ce ne dovrebbe essere una sola e chi lo ha deciso?

1.1 Il rito d’iniziazione è come un seme e lo sappiamo bene che nessun seme garantisce la crescita successiva della pianta, alla quale attribuiamo per esempio la funzione di nutrirci (qui e ovviamente s’intende spiritualmente);
inoltre ci sono molti semi e piante che ci possono nutrire, non ce n’è una soltanto, ma pretenderlo, alla luce dei dati che la storia ci fornisce generosamente, sarebbe dereistico (a parte il fatto che esiste anche il “pot-au-feu”, vale a dire l’eclettismo, forma che apprezzo particolarmente e che ritengo mi abbia sempre arricchito interiormente)!

2.1 Non va dimenticato che sia i testi che i rituali vengono, non soltanto  rimaneggiati regolarmente nel corso della storia, ma attualmente anche due raggruppamenti appartenenti al medesimo Ordine non praticano necessariamente il medesimo percorso formale !
Allora perché dare un’eccesiva importanza alle forme se poi non vengono generalizzate e mantenute?
L’importante non è forse il concentrarsi sui contenuti, sull’essenziale, ossia sull’essere e non sul possedere e poter praticare o no certe forme?

3.1  Ma è poi vero che qualcuno può iniziare qualcun altro, poiché si tratta di “Mistero” e di contenuti che non sono trasmissibili, ma devono essere vissuti, elaborati direttamente e personalmente…?
La vita non ci offre forse parecchi stimoli che possono provocare la metanoia (radicale mutamento nel modo di sentire, pensare, comportarsi), che si vorrebbe invece avvenga soltanto durante un rito iniziatico istituzionalizzato?  Da dove proviene il “dogma” che ci sia bisogno di un’ipotetica “trasmissione” da tempi immemorabili, insondabili e da parte di “personaggi speciali particolarmente qualificati?”
La spiritualità non è forse sempre presente in modo latente in ogni dove e tempo, nonché accessibile ad ogni “entronauta” (secondo l’espressione cara a Piero Scanziani), seriamente motivato?

Il famoso ed evangelico “Spiritus ubi vult spirat…”, non recita forse pure
“…ma non sai donde viene né dove va: così è chiunque nato dallo Spirito”
(S. Giovanni: 3.8, a quanto pare il più “esoterico” dei Vangeli!)

Penso che dobbiamo essere molto attenti ai pre-giudizi, perché potrebbero rappresentare un impedimento maggiore durante il percorso iniziatico (contraendo per esempio l’ampiezza del proprio orizzonte) e direi di più: anche se come sappiamo i pregiudizi sono diffusissimi in questo benedetto mondo e caratterizzano in modo egregio la mentalità egocentrica, sono spesso testimoni di un’innata “miopia” mentale dell’essere umano!
Come diceva suppergiù Einstein?
“Ci sono due cose infinite nell’Universo: una è l’Universo stesso, l’altra è la stoltezza umana!”
Infatti, i dogmi, i rituali, le prescrizioni ideologiche possono limitare “l’orizzonte”, ossia la consapevolezza e con ciò la comprensione, mentre la loro assenza può portare alla dispersione, all’inconsistenza, ragione per cui si tratta di trovare  un “giusto equilibrio” (“l’equilibrio dinamico”, la strafamosa “via di mezzo”, via e non “punto”, via che permette “l’andirivieni”) tra i due aspetti, che possono portarci all’armonia (ossia all’equa distribuzione delle diverse parti in campo!)

Per concludere vorrei alludere al fatto che procedere in modo “autogestito, ossia non-gerarchico”, senza rito iniziatico, con una modalità innovativa, in cui alcuni rituali vengono inseriti dai partecipanti, ossia da una procedura creativa, o ripresi da altre tradizioni, quindi da una forma di eclettismo, può indurre certuni:
sottotetto, ben al caldo e al sicuro nelle loro istituzioni, dimentichi della loro base eretica e carenti di senso storico, di esclamare “al lupo, al lupo” !

Ricordo ancora una volta che “gli innovatori”, all’inizio non sono mai stati “dei regolari”!
Ciò vale sia per la via religiosa che per quella iniziatica di qualsiasi estrazione possano essere (ma anche in politica, nell’arte, nell’educazione, ecc.)
A proposito delle vie religiose ricordo soltanto i “Quaccheri” che, a mio modesto parere, rappresentano molto probabilmente una delle correnti più fedeli al cristianesimo primordiale, quello “antico”, ma che sono considerate come inferiori dalle artefatte nonché capitalistiche strutture del cristianesimo moderno, intrise queste di potere temporale , di contorsioni mentali e comportamentali ben lontane dal messaggio originale!
È la vecchia storia evangelica della “trave e del pulviscolo” nel proprio e altrui occhi0 !

Per quanto concerne le vie iniziatiche istituzionalizzate, mi viene in mente uno degli attuali Ordini maggiori che, come alcuni altri, non vengono considerati come iniziatici da un Ordine che si vuole invece autenticamente iniziatico ma che, analizzato con attenzione, soprattutto da un punto di vista storico, si potrebbe rivelare tutt’altro che iniziatico:
scusate il bisticcio di parole, ma necessario per descrivere una situazione paradossale, senza voler entrare nel merito dei nominativi, ma che confina con il tragicomico, proprio perché ha interrotto la tradizione precedente, intraprendendo una via diversa e non approvata dai predecessori: così, da interruzione a interruzione, da cambiamento a cambiamento, chi può ancora parlare di una “tradizione”, necessaria per poter procedere sulla via della spiritualizzazione e senza la quale ci si troverebbe di fronte a un nulla di fatto?

C’è comunque una cosa che ritengo importante per le considerazioni che si possono fare sia per il percorso religioso che quello iniziatico e che non vanno dimenticate:
“all’interno di un’istituzione religiosa ci sono individui che non percorrono una via religiosa, così come all’esterno ce ne sono che la percorrono magari senza esserne consapevoli;
è quanto vale per le istituzioni iniziatiche, dove si trovano dei membri che non percorrono una via iniziatica, mentre all’esterno ci sono individui che la percorrono, pur non essendone coscienti!”

Ho l’impressione di dover fare presente, che l’Universo sembra funzionare nel modo seguente :
“Crea, conserva, ma poi tras-forma…ri-crea forme, tende a conservare le forme create, poi ri-tras-forma, distruggendo forme precedenti e di nuovo similmente, in un via vai  permanente ma unitario, poiché un aspetto implica necessariamente l’altro per il semplice fatto che

“non esistono separatamene…uno è conditio sine qua non dell’altro”

è la “tragedia dell’energia”, come affermava S. Lupasco,
oppure il “dramma dell’energia”, come preferirei chiamarlo,
perché “dramma” corrisponde maggiormente al concetto di “azione”
e quindi non a un fenomeno di tipo “finale luttuoso” come la tragedia,
in cui il processo inizia in modo favorevole ma si conclude in modo lesivo!

*        *        *

So long, I am around…

Fine della seconda parte


Terza ed ultima parte

TENTATIVO  PER  CERCARE  DI  CIRCOSCRIVERE
ALCUNE  CARATTERISTICHE  ALL’INTERNO  DI  UN  PERCORSO
CHE  SI  VORREBBE  “RELIGIOSO”  E/O  “INIZIATICO”,
DETTO  DIVERSAMENTE   A  “ORIENTAMENTO  SPIRITUALE”

1.       Elasticità mentale e comportamentale:
il sapersi muovere con agio tra le polarizzazioni, gli estremismi, sulla famosa “Via di mezzo”…(Via di mezzo = viavai, non punto fisso nel bel mezzo!), quindi essere capaci di situarsi nelle diverse posizioni per considerare le persone e gli eventi, ma pure sé stessi, a partire da svariati punti di vista all’interno di un ampio orizzonte mentale, per quanto possibile neutro, impersonale e di un largo ventaglio culturale,  povero di preconcetti (visto che in una qualche misura sono praticamente inevitabili), preconcetti spesso dovuti a una visione affrettata, rigida, unilaterale della realtà e quindi limitante.

2.       Saper relativizzare:
per non cadere nel banale tranello dell’assolutismo, forse perché questo concerne pochi aspetti della Vita, mentre gli aspetti relativi sono per così dire innumerevoli, ciò che potrebbe permetterci di sdrammatizzare ciò che non va necessariamente drammatizzato, o detto con altre parole:
potrebbe essere sensato imparare a differenziare i due aspetti, l’Assoluto e il Relativo, tenendone però conto per evitare di diventare mono-tematici… (l’aumento della capacità di differenziazione fa d’altronde parte del processo di maturazione dell’individuo).

3.       Riuscire ad immedesimarsi nell’altro e-o negli eventi:
saper applicare “l’empatia”, ossia la capacità di penetrare nei vissuti altrui, nel significato degli eventi, senza lasciarsi coinvolgere emotivamente, semmai in modo contenuto, accantonando il proprio punto di vista egocentrico, il proprio tornaconto esclusivo, perfino quando la situazione si muove contropelo, ciò che porta tra l’altro alle realtà contenute nei concetti di neutralità, onestà, dirittura, imparzialità, giustizia (alla “diritta via”, di dantesco richiamo, perché facilmente “la si smarrisce”…)

4.      Essere in grado di oggettivare le situazioni:
 prendendo la necessaria distanza dalle implicazioni personali, dai propri impulsi puramente istintivi, di tipo sensoriale e sentimentale, dagli interessi di “casta”, ma ponendosi in una specie di “neutralità sia mentale che comportamentale”, partendo da ciò che è e non da ciò che si vorrebbe che fosse, o come disse qualcuno parafrasandolo (senza ricordarmi chi fosse):

 “Bisogna accogliere ed accettare gli eventi e le persone come sono
e là dove si trovano, semmai per portarle avanti
a partire da quel punto
e non come e da dove secondo noi dovrebbero posizionarsi”

5.     Coltivare l’umiltà:
indispensabile chiave per il portale d’accesso alle rettifiche, alle trasformazioni che la nostra evoluzione di tipo umanista richiede, intendendo per “evoluzione umanista” una cultura dell’essere umano centrata su alcuni valori spesso trascurati o negati nel corso della nostra storia individuale e-o collettiva, come ad esempio:
– il rispetto dell’altro, della natura, della Vita in generale,
– la franchezza, trasparenza, sincerità nei rapporti con sé stesso e gli altri,
– lo spirito di collaborazione costruttiva (“aggressività edificante”), evitando il più possibile atteggiamenti distruttivi (“aggressività distruttiva, controproducente”),
– il senso di parità (uguaglianza) nei confronti del prossimo (siamo tutti figli della Creazione!),
– la capacità di tolleranza e accettazione del diverso (anche perché “siamo sempre lo strano di qualcun altro!”),
– l’abbandono dell’avidità e competitività senza riguardo per il prossimo (in definitiva e soprattutto sul lungo termine malsana),
– la percezione capace di distinguere l’essenziale dall’esistenziale (ossia gli aspetti fondamentali da quelli  secondari della Vita),
– la disponibilità all’apprendimento, alle rettifiche permanenti, al non pensare di aver raggiunto la fine di  un percorso, di essere giunti a risultati migliori-maggiori di qualcun altro (di valere più di altri e di non  avere più bisogno di evolvere),
– il rendersi conto che essendo tutti figli dell’Universo, Tutto è in costante interazione e interdipendenza con Tutto,
– che essendo parte di questo Universo, “siamo questo Universo” (perché questo Universo senza le sue parti non sarebbe più questo Universo!)

Quindi bando ai sensi d’inferiorità, alimentati pure da coloro che vorrebbero considerarci “come dei granellini di sabbia”:
senza cadere pertanto nei sentimenti di superiorità nel prenderci per il coronamento del Creato e, quand’ anche fossimo la parte dell’ Universo che permette all’ Universo di prendere coscienza di sé stesso, questa non sarebbe che una funzione attribuitaci dall’ Universo stesso e non un’originalità, una prerogativa che abbiamo conquistato autonomamente noi esseri umani e di cui andar fieri!

6.     Essere interessati a una ricerca “scientifica”:
avendo lo stesso spirito oggettivante, ma non concentrato prevalentemente, o addirittura  esclusivamente su dati di tipo biologico, nano-volt, particelle subatomiche, quanta, quasar, comete, funghi, balene, mosche bianche, industrie, banche  e tant’altro, bensì su processi interiori e relazionali, processi d’integrazione dell’individuo, centrati sullo sforzo di ristabilire un ordine nella vita individuale e collettiva, il più possibile connesso con le leggi naturali, con le leggi dell’Universo, vale a dire:
“con la creazione, conservazione e trasformazione di ciò che fa parte del nostro possibile, con l’allo- e olocentrismo, il non-attaccamento, il senso d’unità  nell’infinito, l’apparire e scomparire dei più svariati fenomeni, nella molteplicità degli eventi”.

7.     Partendo dalle posizioni alle quali ognuno di noi è giunto:
portando il proprio, anche se modesto contributo, così come suggeriva Teilhard de Chardin (eminente paleontologo e teologo gesuita francese, 1881-1955):

     “Non si tratta di fare grandi cose, ma piccole grandemente”

contributi ai quali vale forse la pena dedicare delle riflessioni, per far sempre più chiarezza e con ciò darci un ulteriore motivo per tentare la realizzazione di un percorso che si vorrebbe

“integrale e integrato
“…e anche se la saggezza la si trova strada facendo…”
si tratta probabilmente di quella Via in cui, secondo l’adagio Zen:
“novanta sono la metà di cento miglia!”

*          *          *

So long, I am around…

Fine della terza ed ultima parte



About the Author

Beni Sascha Horowitz
Nato e cresciuto a Lugano (Svizzera, per chi non lo sapesse c'è anche una Lugano in Italia), ho studiato a Ginevra musica, psicologia e psicologia del lavoro (efficiency), pedagogia e pedagogia curativa. Ho praticato a Basilea e Lugano psicologia clinica e psicoterapia di tipo psicodinamico (avendo seguito un "Training psicoterapeutico) , ma indipendentemente da "Scuole", all'interno di Servizi Medico-Psicologici. Ho partecipato ai Corsi per Adulti in tanto quanto animatore di alcuni corsi tra il quali il Tai Chi Chuan, Rileggiamo Dante, I Miti del passato e l'uomo moderno, Il Diario personale creativo, Alla ricerca della propria identità, Psicologia e vita quotidiana, ecc. Sono rimasto sensibilmente influenzato dal Taoismo cinese e dallo Zen giapponese, senza pertanto diventare un "fedele seguace". Ho iniziato i tentativi di scrittura dopo il pensionamento. Ora sto cercando di proporre poco a poco alcuni miei scritti... Per eventuali chiarificazioni, sono raggiungibile tramite l'indirizzo e-mail: [email protected]

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