B. Sascha Horowitz
A. PREMESSA PER GLI ARCANI DEI TAROCCHI
breve monografia
Gli Arcani dei Tarocchi rappresentano degli Archetipi, ossia dei contenuti simbolici primordiali (non primitivi!), tipici per certi stati fondamentali dell’essere umano che si trovano normalmente in noi allo stato virtuale, di potenziale (un po’ come i semi con i loro
contenuti non ancora sviluppati).
Se ci si concentra su uno di questi Archetipi, vi si convoglia la nostra energia che di per sé ha fondamentalmente un carattere neutro, un po’ come l’elettricità che può applicarsi a un’infinità di funzioni differenziate che, come sapete, va dal far bollire l’acqua in una pentola, dal rischiararci di notte, alla tragedia di una “sedia elettrica!”, può quindi inserirsi in ogni dove e di conseguenza si può scegliere, coltivare, nutrire una data caratteristica.
(Nella Monografia “Orti-Androcultura”, descriverò un esempio tratto dall’ orticoltura che illustra il fenomeno, estendendo, approfondendo forse meglio e nel concreto questo concetto).
Per il momento mi sembra di dover chiarire brevemente la differenza tra la meditazione atematica e la riflessione perché a funzione diversa, le due modalità portano a risultati diversi.
Non si tratta di separazioni vere e proprie che ritengo d’altronde impossibili, ma che vedo come una nostra facoltà, ovvero quella di poter differenziare i fenomeni per non confondere le diverse categorie della realtà, qualità che potrebbe anche essere il segno distintivo di un processo di maturazione personale perché, anche se scaturisce da un fondo implicito unitario:
1. nella riflessione si permane solitamente e prevalentemente in uno stato razionale di constatazione di un fatto, di un evento, esteriore o interiore che sia, ciò che può pur avere ben inteso la sua utilità particolare, rimanendo però in una posizione alquanto distaccata emotivamente, alquanto breve nel tempo, ossia in un stato di relativa superficialità, senza o scarsa fattività trasformativa, si potrebbe dire in gergo moderno (forse di tipo “New Age”, e che gli adepti di questo stile di vita possano perdonare la mia sfrontatezza!): ”ci sta la testa, ma né la pancia, né il cuore” e gli oggetti esaminati di cui ci si vorrebbe impossessare, riflettono la luce mentale inviata per capirli-carpirli, un po’ “come in uno specchio”, in modo che il processo rimane prevalentemente epidermico, mentre:
2. nella meditazione atematica si cerca invece di penetrare nell’evento, di attardarvisi, di viverlo, di vibrare con esso, di identificarsi con i suoi contenuti, di assimilarli, per raggiungere ciò che, se ben ricordo, René Guénon chiamava “la conoscenza per identificazione”, poi c’è il:
3. “che cosa”, solitamente dovrebbe comprendere pure il come, sul quale desidero tornare ulteriormente, o lo si può trovare eventual-mente nella Monografia sulla “Meditazione”, ma lo troviamo ripetutamente proposto e descritto nelle diverse tradizioni spirituali, come per esempio negli Arcani dei Tarocchi (ma non soltanto), con le 22 tappe archetipiche, dove ogni tappa ci rende attenti a qualcosa, ovvero a uno stato dell’essere che volendo possiamo realizzare, poiché “in nuce” (in stand-by), è insito in noi e può portarci alla “fine del processo” (si fa per dire), alla situazione del “Mago, dell’Artefice, dell’Artista, del Maestro di Vita”, la carta numero 1, il cui contenuto è raggiungibile soltanto ed eventualmente verso la fine del percorso e che rappresenta “l’occultum lapidem, la pietra filosofale” del : V.I.T.R.I.O.L. (di cui ho scritto nella monografia “Via Iniziatica-Via Religiosa”).
Detto ciò vorrei presentarvi nella seconda parte, la “prima” carta degli Arcani dei Tarocchi: il “Tarot”, che non porta numero.
* * *
B. INTRODUZIONE AL “TAROT”, LO STOLTO, L’INGENUO, L’IGNARO, IL FOLLE
il “Taroc”, l’egocentrico, l’ignorante per eccellenza: colui che ignora!
(Quando ne parlo, mi riferisco in particolare agli Arcani del “Tarot de Marseille”)
All’inizio e fino all’adolescenza compresa, l’essere umano è ancora immaturo, soprattutto perché è carente di sufficienti esperienze di vita con i connessi ripensamenti e le stimolanti relazioni sociali (apprendistati, studi superiori, lavoro, relazioni di coppia, partecipazione alla vita pubblica, ecc.) ed è la ragione per la quale il T. viene rappresentato da una persona alquanto giovane, anche se barbuto (la barba non essendo una garanzia di maturità e in passato era una parte dell’uomo alquanto naturale e comune!)
Egli sembra dirigersi verso un precipizio, di cui pare non si rende ben conto e, mi sento di dover dire, che questa immagine ricorda stra-namente la prima delle “10 tavole dell’Addomesticamento del Bufalo Selvaggio”, della tradizione Zen, in cui un Individuo rincorre un Bufalo completamente Nero che sta correndo verso un precipizio, fermo restando che il Bufalo nero rappresenta proprio le nostre caratteristiche iniziali, intrise prevalentemente da istinti, impulsività e ignoranza!
La luce è presente (“la chiarezza”), ma probabilmente l’individuo non se ne rende ancora conto.
Per raggiungere la soglia del cammino che inizia il processo creativo, dovrebbe voltarsi per fronteggiare e guardare la luce (ossia nella metanoia, nel riorientamento), ma la sua stolta (limitata) natura umana confonde ancora i diversi ordini di realtà, quindi non riesce a differenziare con lucidità ciò che percepisce!
Invece di affrontare lo sconosciuto dell’elevazione (l’ordine implicito, l’aspetto legislativo della Vita), descritto pure e in un qualche modo nei cinque libri di Mosè dell’Antico Testamento (che contengono pure i “10 Comandamenti”), ossia la Torah, di cui Tarot rappresenta l’anagramma, ossia il Tarot che detiene, ma ancora soltanto virtualmente l’ordine intrinseco, che cerca ancora maldestramente, dirigendosi ignaro verso lo sconosciuto dell’abisso (la decadenza, il caos, gl’inferi).
La sua natura infantile (primitiva più che primordiale) che lo morde ed infastidisce (il “cane”, con l’inconsapevole ri-morso), lo spinge per la sua strada, quella della stupidità: d’altronde il piccolino, di fronte al mondo, rimane dapprima stupito nella sua ignoranza, quindi è “stupido” perché ignora ancora tutto del mondo, che “deve conquistare” a poco a poco.
Vive quindi più nelle fantasie, nei desideri (dell’immaginario), ossia nelle illusioni, ed è perciò esposto e in balia a maggiori incertezze e instabilità nella sua vita.
Egli è prevalentemente in una forma passiva anche se magari è persuaso del contrario, perché sottomesso a impulsi e ciechi istinti.
È irresponsabile, incapace di autodeterminarsi (di ritrovare “la diritta via…”) e sotto il potere di ogni influsso casuale, in modo che molte cose imprevedibili gli possono succedere.
Quindi sottostà alla legge del caso senza rendersene conto, rendendo perciò gli altri, la società, la Vita responsabili per ciò che gli succede, ponendolo in situazioni che di fatto la sua impulsività, la sua ignoranza stesse hanno provocato.
Interpreta tutto a modo suo, in modo corrispondente al suo livello esistenziale, ossia quello egocentrico, tipico e funzionale per l’infanzia e anche per l’adolescenza, ma che diventa controproducente con l’avanzare dell’età, perché uni-laterale, ossia polarizzato, centrato soltanto su un aspetto dell’esistenza, quello più caduco, più restrittivo.
La sua situazione rimarrà tale se non succede un qualche evento particolare che lo stimoli in modo tale, affinché possa scoprire lo stato in cui si trova (Dürckheim parlava addirittura di situazioni estreme, necessarie talvolta per produrre questo fenomeno).
A partire da quale momento potrà quindi iniziare a riflettere sul significato della sua vita e della vita in generale !
Quando comincerà a mettere in discussione la sua posizione, alla ricerca di risposte esplicative:
– Che cosa mi sta succedendo? Perché certi eventi si ripetono sempre con esito negativo? Come mai non riesco ad andare d’accordo con gli altri? Perché dopo poco tempo non mi vogliono più al lavoro e la mia famiglia si distanzia sempre di più? Insomma le cose vanno maluccio e non potrò mica andare avanti così, che cosa dovrei fare affinché la situazione possa cambiare? ecc. ecc. ecc.
Mi sembra di aver potuto osservare che questa trasformazione avviene suppergiù tra i 27 e i 30 anni,ossia quando un numero sufficiente di esperienze e riflessioni esistenziali riescono ad esercitare la dovuta pressione sulla mente, per portarla a un certo grado di consapevolezza…
Quindi e di conseguenza, potrà eventualmente rendersi conto di essere inserito in un mondo,
con il quale dovrà confrontarsi apertamente.
Ed ecco apparire il 21° Arcano, “il Mondo”, con il quale può iniziare un vero percorso evolutivo: la Via evolutiva non inizia simbolicamente con l’Arcano della prima carta, ossia con il “Mago, l’Artefice, il Maestro di Vita” bensì con la 21, perché si tratta di risalire la china per tornare alla “Sorgente”. Quindi il “Neonato” deve prima entrare nel mondo e combattere per la propria sopravvivenza, per il proprio “posto al sole”, per la propria umanizzazione, esteso processo che si snoda poi simbolicamente attraverso i seguenti 20 Arcani (19, 18, 17, 16, ecc.)
Non va travisato che questo stolto, questo folle siamo noi… e se c’è una qualche speranza di salvataggio dal “precipitare”, decadendo negli stati inferi dell’essere, dobbiamo in primis riconoscere questo tipo di realtà!
Se invece rimaniamo a livello del Tarot, (nel nostro gergo del “Taroc”: “Ta’ set propi un Taroc!”), continueremo a rimanere infantili e immaturi e per il resto della nostra vita questo sarà il nostro stato interiore, che spesso sfocia nelle cosiddette nevrosi, vedi pure lo straordinario testo della Karen Horney: “La personalità nevrotica del nostro tempo” (Ed. Newton Compton), indipendentemente da ciò che conseguiremo esteriormente nel mondo, magari rivestendo anche cariche “importanti”, ciò che può rappresentare un certo, se non indubbio pericolo!
(Per inciso e a questo proposito, molti anni or sono, ho conosciuto un direttore di una grande impresa internazionale, che vomitava il mattino prima di andare al lavoro, fin che siamo riusciti a fargli scoprire che stava vomitando il proprio lavoro e non gli spaghetti alle vongole della sera prima, che d’altronde non sono raccomandabili come cena! No, non si sentiva tagliato per il suo ruolo, nel quale faceva il passo più lungo della gamba, attività che gli andava contropelo, nonostante i vantaggi familiari, sociali e finanziari che questa gli procurava!)
Dal punto di partenza in cui si trova il Tarot è importante poter evolvere, maturare (un po’ come matura un frutto), per cui diventa vieppiù ciò che deve diventare, ossia qualcosa di commestibile sia per l’uomo che per l’animale e tutti sanno che cosa significa voler assaggiare un frutto maturo, processo che consiste per l’essere umano essenzialmente nell’aumentata capacità di differenziazione, discernimento, di autocritica e decentrazione dall’egocentrismo e con ciò diventando anche più “commestibile” socialmente parlando.
Ciò che mi piace definire la fase “allocentrica”, ossia psicosociale, dopo quella egocentrica e, se tutto va bene, prima di quella “olocentrica” del compimento, della piena maturazione, ossia quando si raggiungono le tappe rappresentate dagli Arcani: 12 = il “sospeso-appeso”, segno del capovolgimento interiore, “la metanoia” e non “l’impiccato” che proprio non c’entra, e che ci si dirige dopo il “riorientamento”, in direzione degli Arcani 11, 10, 9, 8, 7, 6 e, per un sempre minor numero d’individui, in su di lì, anche perché siamo entrati in un campo a carattere prevalentemente qualitativo, dove si cerca di attuare il potenziale delle nostre qualità edificanti e dove, per dirla in breve:
Cerchiamo di trasformare i “vizi in virtù” e di perfezionare queste ultime
e non il contrario!
* * *
P.S. Mi rendo conto che avrei voluto parlarvi dell’assenza di numero sulla carta del “Tarot”, che mi sembra di una certa importanza, ragione per cui mi accingo di farlo ora!
La presenza di un numero rappresenta già di per sé uno stato di determinazione: è quel tal dei tali, o quella tal cosa, con quelle precise caratteristiche ben determinate (sia in senso proprio che figurato).
Ora l’assenza di numero per il “Taroc” allude da un lato al suo stato d’indeterminazione, d’incertezza, di smarrimento (…che la diritta via era smarrita…”, Dante: Inf. I, 3), dall’altro lato al fatto che senza numero può essere molto più mobile e può quindi transitare progressivamente da una posizione a un’altra, soprattutto evolvendo, maturando, crescendo interiormente ed esteriormente .
Ma non è tutto, perché la mobilità progressiva potrebbe avverarsi, almeno temporaneamente, anche come regressiva, soprattutto perché un nuovo stato dell’essere, almeno secondo il mio modesto parere, non è conquistato ed attestato una volta per sempre e si può anche ricadere in distorsioni passate (in “numeri” antiquati)!
* * *
So long, I am around…
Fine dell’Introduzione al “Tarot”
C. BREVE SINTESI DELLE TAPPE EVOLUTIVE
secondo i “Grandi Arcani dei Tarocchi”
a partire dal “Tarot” fino al “Mago”
Terza parte (“sed repetite juvant”: ma ripetere può aiutare, esser utile!)
Gli “Arcani dei Tarocchi” rappresentano il tentativo di descrivere in sintesi, attraverso 22 immagini simboliche, un percorso evolutivo possibile e consapevole dell’essere umano (prevalentemente sul piano psicosociale e spirituale), che si estende dallo stato incolto dell’ignoranza, dell’inconsapevolezza del “Matto” (il Bagatto, il “Tarot”), fino allo stato sublime del “Mago”: dal “Tor” in tedesco = lo stolto e, secondo il sistema anagrammatico, fino alla TORAH (Taroh), la “Legge, l’Insegnamento”, ossia il “Pentateuco”, i 5 Libri di Mosè, in cui si trovano i “10 Comandamenti, che vogliono ristabilire e mantenere l’ordine, ricordandoci “la danza attorno al vitello d’oro” (quando Mosè torna dal Sinai con le tavole dei 10 Comandamenti e trova la popolazione in quello stato), ossia in pericolo di decadenza (perché privilegia unilateralmente la “materialità”, esaltando tra l’altro il “dio della ricchezza!”)
Questo significa che le immagini suggeriscono soltanto i tratti essenziali di uno stato dell’essere, mentre sta a noi, se lo vogliamo veramente, stabilire un nesso con la nostra vita personale e, se lo riteniamo opportuno, portare eventualmente le rettifiche adeguate al nostro modo di procedere.
Per fare ciò è utile sapere che le carte vanno lette non dall’inizio alla fine secondo la loro numerazione (1, 2, 3, 4, ecc.), bensì all’incontrario (21, 20, 19, 18, ecc.) cominciando dal “Tarot”, detto pure il Bagatto, dal latino baca, ossia piccola cosa rotonda (lo zero), in questo caso insi-gnificante sul piano culturale personale, ma forse anche da “bacato”, oppure il Matto, molto probabilmente dal latino matus, ubriaco, che ha perso la mente per il troppo bere; qui qualcuno che beve troppo ed esclusivamente alla sorgente primitiva e unilaterale della materialità, dell’impulsività, dell’istintualità, ragione per cui non trova o perde il senso dell’orientamento, degli eventi, non ne vede le connessioni, le dinamiche causali e le finalità, perché ancora “alieno” a un processo culturale vero e proprio.
Si parte dunque dall’analisi del “Taroc” che non a caso non porta numero, perché può spostarsi per evolvere ed identificarsi nelle tappe suc-cessive del percorso, oppure regredire e cadere in stati, in situazioni che si pensavano già sorpassate, così come non di rado succede a noi esseri umani!
Dopo di che si può risalire “la china” a partire dal n. 21 “Il Mondo”.
(So di averne già accennato, ma ripetere non guasta, soprattutto in situazioni così fondamentali!)
C’è però ancora una breve aggiunta da fare, vale a dire che tutto quanto segue non ha nulla a che vedere con la “divinazione, la chiaroveggenza” come intese abitualmente, tant’è che se qualcuno cerca questo aspetto nei Tarocchi che espongo, è preferibile che esca da questo articolo,
altrimenti ne rimarrà deluso!
Inoltre ci sono ovviamente molte interpretazioni possibili, anche diverse da quelle che presento, dunque non dite: “Ah, ma io ci vedo qualcosa d’altro, la psicanalisi lo interpreterebbe…, mio zio mi ha detto che…”, certo visto che si tratta di simboli, le interpretazioni possono essere innumerevoli, se non addirittura infinite, quindi non ho l’assurda presunzione di esaurire l’argomento !
Ciò che segue vuole soltanto essere uno stimolo per proseguire il percorso…
– IL TAROT, (il “Taroc”, da come lo conosciamo nella nostra forma dialettale) e di cui abbiamo già cercato e cercheremo ancora più avanti di chiarire pure il nome, rappresentato dalla 22a carta che rimane però senza intestazione numerica perché non ha ancora iniziato il processo evolutivo, è instabile, mobile, può spostarsi:
rappresenta, soprattutto all’inizio della nostra esistenza (ma sfortunatamente spesso anche più avanti) ciò che “siamo” in tanto quanto esseri ancora alieni al mondo, vale a dire ignoranti, ingenui, inconsapevoli, puramente istintivi, impulsivi, fondamentalmente sprovveduti per affrontare la vita in modo non fosse che relativamente autonomo, ipotecati, se non addirittura stracarichi e, non di rado, pregiudicati da un bagaglio ereditario talvolta dei non più favorevoli, spinti da tendenze ancora prevalentemente primitive.
Siamo stati espulsi dal grembo materno (una specie di “Paradiso acqueo” , “The Waterworld”) e proiettati in questo strabiliante mondo: complesso, contraddittorio perché al tempo stesso favorevole e ostile, vitale e mortifero, ma che al tempo stesso rappresenta pure la nostra chance implicita, in tanto quanto potenziale evolutivo, se ci accingiamo ad intraprendere un vero lavoro culturale, perché in questa fase della vita si è un “vagabondo” che non si preoccupa dell’indomani, anche perché non vede ancora appieno gli ostacoli, gli impedimenti, i tranelli che la vita può interporre al suo procedere.
“Vagabondo” che non è ancora un “Pellegrino”, ma che può diventarlo (vedi precisazioni nella “Narrativa: “La Punta del diamante”, nel medesimo blog) !
Viene anche denominato il “Matto”, nel senso dello “scacco matto”, ossia quando il re non può più muoversi, quando siamo rinchiusi nei no-stri schemi comportamentali istintivi, impulsivi, ignari, ingenui, ragione per cui così non potremo evolvere, progredire, maturare, trasformar-ci: vedi pure il mito biblico della moglie di Lot, in Sodoma e Gomorra dell’Antico Testamento, che si è cristallizzata, la famosa “statua di sale”, perché troppo legata a un passato ipotecante, da cui non riusciva a svincolarsi, ragione per cui è rimasta fissata al passato (vedi pure il “Complesso di Sodoma e Gomorra”, sempre nella categoria delle “Monografie” di questo blog) !
XXI IL MONDO
inoltre, non sarebbe esagerato affermare che il Tarot, non è per nulla estraneo alla rappresentazione di come ognuno di noi può essere quando:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che la diritta via era smarrita.” (Dante, Commedia: Inf. I,1-3)
“Mondo” che, soprattutto ai giorni nostri, ma probabilmente da sempre, può essere identificato e parzialmente avvicinato alla “selva oscura” della recitazione dantesca.
Il Mondo con le sue caratteristiche: le leggi naturali e umane, le difficoltà, le complessità implicite ed esplicite con le quali siamo spesso confrontati sin dall’inizio, sin dalla nascita, luogo dove possono già sopraffarci problemi che non possiamo ancora padroneggiare, ma che ci soggiogano il più delle volte a nostra insaputa e non di rado per parecchio tempo, talvolta per decenni, talaltra per tutta una vita (vedi per esempio le nevrosi, le psicosi e ben altre patologie).
Vita, mondo e noi stessi che, sia con un’evoluzione favorevole ma anche meno non tardano, per la pressione degli eventi che per le esperienze personali, ad esercitare una pressione sulla nostra mente e a condurci alla tappa successiva, quindi non di rado al
XX GIUDIZIO
attraverso il quale possiamo imparare a differenziare e giudicare, aumentando vieppiù il grado della nostra con-sapevolezza, (quel “sapere-con l’essere” e non soltanto “essere o sapere”), utilizzando e sviluppando le facoltà pensanti insite in noi, indispensabili per la nostra vita quotidiana e senza le quali una vita relazionale, collettiva, sociale sarebbe impensabile. Inoltre ci aiuta ad illuminarci pure il
XVIIII SOLE
intendendo con ciò la “luce interiore” come metafora (ma che pare esiste e circola pure di fatto all’interno del nostro organismo e se non erro in forma di nanovolt = 1 miliardesimo di volt), che guiderà anche il nostro ragionamento verso le sue cime, ovviamente se, come affer-mava K. Graf Dürckheim, pensiamo “abbastanza a fondo” e non come molti credono “troppo” (il primo essendo rappresentante dell’a-spetto qualitativo, il secondo di quello quantitativo). Quindi si tratta di uno strumento importante per tutto il nostro percorso e che non va trascurato!
XVIII LUNA
ci renderà recettivi all’intuito che si basa di più sulla sensibilità, (prevalenti punti di forza della femminilità), dove prevale più l’approccio sintetico che analitico: l’intuito un altro strumento importante, ma al quale si dà, si è dato spesso una valenza troppo assoluta, un po’ come se avesse delle caratteristiche infallibili, che però secondo me non ha, perché ognuno di noi con la mente aperta ha potuto constatare che pure l’intuito può essere fallace, anche se è uno strumento che si tratta di curare, di sviluppare, come d’altronde altre facoltà mentali, anche perché cela talvolta in profondità delle realtà, degli aspetti poco consapevoli che si possono far emergere alla luce del sole e che ci possono portare alla
XVII STELLA
che continua ad illuminare la nostra via, guidandoci verso “Oriente”:
verso “Bethlechem, la Casa del Pane” (= elemento di vitale importanza, soprattutto allora!),
verso il “Maestro interiore” (vedi Dürckheim: “Der innere Meister, il Maestro interiore” > Virgilio in Dante), dove si può anche attingere
alle “acque primordiali”, alle sorgenti della Vita, però facendo atto d’umiltà (con la posizione almeno interiore d’inginocchiamento e il corrispondente stato d’animo):
“l’amor che move il sole e le altre stelle.” (Dante: Comm. Par. XXXIII, 145)
XVI LA TORRE, LA CASA DI DIO (TORRE DELLA DISTRUZIONE),
ci mette alla prova contrariandoci (vedi Giobbe nell’antico Testamento), facendo cadere le tendenze egocentriche, megalomaniacali, per non fare il “passo più lungo della gamba”, o come riesco a ricordare nel mio sgangherato latino “quod licet Jovi, nec licet bovi”, “ciò che è lecito a Giove, non è concesso al bove”(esortandoci a “non costruire la casa sulla sabbia” e la “Torre” oltre la misura dell’uomo, di evangelica e biblica memoria, vedi la “Torre di Babele” e il suo “Complesso”, pure nella categoria delle “Monografie”), mentre:
XV IL DIAVOLO
che è pure un simbolo e non una persona, come si continua a ribadirlo da diverse parti, riducendo così di nuovo il simbolo a una realtà d’altronde inesistente come tale, anche se esiste in tanto quanto “fenomeno”, ossia quello della “separazione, scissione, del bastian contra-rio”, in “agguato” in una mentalità con le sue tentazioni (le 3 Fiere simboliche della Commedia: Inf. I, 31-60 ), per distoglierci dalla nostra ricerca (“dalla diritta via”) e farci precipitare negli stati inferiori dell’essere, ragione per cui occorre coltivare, quale strumento di sostegno e per la trasformazione situazionale, una delle virtù cardinali, ossia:
XIIII LA TEMPERANZA
il contenimento, la misura, la via di mezzo, l’abbandono degli estremismi, e perché no anche l’umiltà che non guasta mai, per poter procedere, evolvere, per compiere la “metanoia”, l’inversione di tendenza, di rotta con
XIII LA MORTE (simbolica)
la falciatrice dei “vecchi schemi” sentimentali, mentali e comportamentali, che in un qualche modo ricorda Shiva, il “Distruttore” della Trimurti indù, (anche il distruttore dell’ignoranza), ma che in una visione più ampia, olistica, va preferibilmente definito come il “Trasformatore”, in modo che si possa raggiungere lo stato in cui si è un
XII ESSERE SOSPESO (non “appeso o addirittura impiccato”!)
forse sospeso tra “Terra e Cielo” e in cui vanno prese le decisioni per l’una o l’altra opzione (saliamo o scendiamo? ed ecco che può riapparire il “Taroc” in tutta la sua “bellezza dell’asino”), ma possibilmente con il capovolgimento dell’orientamento delle tendenze egocentriche che richiede la spesso nominata “metanoia”, ma anche la seguente virtù cardinale, la
XI FORZA
Soprattutto l’irremovibile forza d’animo, quel saper concentrare, finalizzare l’investimento e la trasformazione energetica che richiede però talvolta una dose più o meno rilevante di
X FORTUNA
ossia quel qualcosa d’insondabile, spesso incomprensibile, ma che ci succede che lo si voglia o no, indipendente dalla nostra volontà, che può sì fare parecchie cose, ma che si tratta pure di saper cogliere al momento voluto-dovuto, anche là dove sembra procedere contropelo, imparando a trasformare eventuali cocenti sconfitte in slanci creativi (anche questo può essere considerata Fortuna: nell’essere stati for-tunati nell’esserci riusciti!), ma in modo che nel
VIIII ROMITAGGIO, L’EREMITA
possa nella solitudine della sua (nostra) interiorità, procedere a un esame della realtà, cercando di scoprire l’essenziale nella Vita, i fattori che edificano sia il singolo che le comunità, e permettono l’integrazione nell’insieme, nel Tutto, relativizzando così le circostanze, quindi senza attribuire loro dei significati assoluti…
VIII GIUSTIZIA
altra virtù cardinale che va applicata alla Vita nella sua interezza (quindi a sé, agli altri, alla Natura, alla Cultura), ciò che implica il genuino e autentico padroneggiare delle vicissitudini (il giusto non ingannare, non prevaricare, non distorcere, non manipolare, non abusare, non pervertire!), ciò che permette poi di guidare il
VII CARRO (della Vita)
in modo salvifico, ovvero di percorrere diversamente, in modo alternativo la propria via (il proprio “destino”), in un rapporto trasformato nei confronti delle manie precedenti, vissuto in un modalità di “equi-librio dinamico”, di armonia tout court, all’interno della quale, le diversità e certe qualità, che sembrano trascese dalla “modernità”, vengono ancora rispettate, in modo che possa schiudersi
VI L’AMORE, AMANTE DELLA VITA (vedi Dante e i “Fedeli d’Amore”) e non più in una relazione di superiorità, diffidenza e ostilità, bensì di fiducia, come per esempio nella “Provvidenza”, intesa come un “sottofondo” essenziale della Vita [forse “l’Ordine implicito di D. Bohm”] , che ci ha accompagnato già prima della nascita, da lei e non da noi decisa, che ci accompagna durante la vita, sia in bene che in male, concetti pur sempre relativi alla nostra esistenza, che ci accompagnerà per e dopo la morte, poiché questa sfugge verosimilmente alla nostra consapevolezza, volontà e al nostro potere d’azione, checché certuni possano affermare, per esempio i reincarnazionisti, ma pure in un rapporto avente come base lo spirito unitario (olistico), di “vera fratellanza”, uno stato interiore in cui vengono apprezzate tanto “le qualità superiori più evolute dell’individuo”, quanto le sue manifestazioni più modeste, più umili, ciò che ci può portare alla posizione del
V PAPA (che certamente ha ben poco o direi nulla a che fare con il Vaticano!)
ovvero al rapporto d’Amore disinteressato, decentrato, oggettivato, stato in cui si ritrovano essenzialmente in modo corale tutte le grandi religioni nel loro credo, nelle loro intenzioni più profonde, anche se espresso in modo molto diversificato, dove però l’egocentrismo dovrebbe essere sorpassato, anche se troppo spesso non è così perché queste grandi istituzioni religiose entrano puntualmente in contraddizione, talvolta anche in alienazione con i loro principi fondamentali, addirittura in disaccordo con i “Padri Fondatori”, con i “testi sacri”, fatto che si ripercuote ovviamente anche sui fedeli credenti. Se però riescono nell’impresa di andare oltre, raggiungendo le alture dell’allocentrismo, ma soprattutto quelle dell’olocentrismo, allora ciò permette a l’
IIII IMPERATORE
di padroneggiare la propria vita senza esserne dominato, dove la volontà diventa neutra, pura e non egocentrica, dove la forza non diventa violenza, ma autocontrollo e senso per la Giustizia (pensiamo per esempio al mito di Re Salomone!), sposando così, almeno interiormente, un aspetto importante del mondo femminile (“l’anima”), in altre parole
III L’IMPERATRICE
vale a dire l’armonia interiore che così è congiunta in un rapporto vicendevole, d’interdipendenza, di equilibrio dinamico, che permette sia all’uno che all’altra (“Imperatore-Imperatrice”, alias “Adamo-Eva”) il ritorno nel “Giardino dell’Eden”, alla sorgente della vita autentica, riconquistando lo stato d’in+ della “fuoruscita dal Paradiso terrestre” e che si attua in modo particolare nella
II PAPESSA
nella contemplazione dei misteri e miracoli della vita, dove ci si muove soltanto in concordanza con la “volontà divina” (“sia fatta la tua volontà” non la mia, bensì quella olocentrica) in armonia con le Leggi dell’Universo e con ciò senza una volontà propria, soprattutto egocentrica, arbitraria e dove nel
I MAGO
diventiamo il canale della volontà suprema e capaci di quanto questa ci richiede, al di là del dualismo, dello splitting tra l’interiore e l’esteriore, tra il sopra e il sotto, tra il grande e il piccolo e così via…, bensì nella comunione primordiale, dove non sussiste più una personalità propria, autonoma, indipendente, perché subito si ricreerebbe la dualità, la scissione, l’alienazione dall’unità fondamentale dell’Universo, causa d’interminabili disagi e problemi, più o meno gravi e di conseguenze per l’individuo umano nonché una sua salubre evoluzione
* * *
Appendice I
L O S P R U Z Z O D’A C Q U A
Forse siamo come uno spruzzo d’acqua…
Quando l’acqua diventa uno spruzzo, appare a un certo momento e in un certo luogo, si libra un breve istante nell’aria, di cui è anche in parte composto e ha per quell’attimo un’identità propria con i suoi attributi, una sua forma che si differenzia dall’Oceano, appunto quella dello spruzzo d’acqua, ragione per cui gli viene dato questo nome.
Quando per forza deve rientrare nell’Oceano perde la sua identità, ossia la sua forma, ottenuta in quel dato luogo e momento e si rifonde con l’Oceano passando di nuovo all’anonimato in cui si trovava prima, ossia perde la sua identità di spruzzo d’acqua e con ciò il nome e gli attributi che aveva acquisito durante la sua breve vita.
A me sembra proprio che siamo un po’ come uno spruzzo d’acqua…
Appendice II
1. “Il Matto” (il “Taroc”), siamo noi stessi in quanto profano, l’uomo della strada per eccellenza che cerca, di percorrere la Via, passando da diverse “stazioni” per risalire “il dilettoso monte” (un ritorno: forse quello del “figliol prodigo!”), dopo la “discesa, la caduta forse anche rovinosa”.
Percorso che si potrebbe suddividere in 3 grandi fasi seguendo di volta in volta 7 Arcani:
1. L’inizio, la partenza, (dal “ Mondo” al “Diavolo” compreso, dal 21 al 15),
2. Lo sviluppo, la crescita, (dalla “Temperanza” alla “Giustizia” compresa, dal 14 all’ 8),
3. La maturazione, il compimento, (dal “Carro” al “Mago” compreso, dal 7 all’ 1 ).
N.B.
1. Il Matto, il Taroc, può ricoprire ognuna di queste posizioni: può avanzare, ossia evolvere e può, come già accennato, fermarsi, ma può anche regredire.
Il suo percorso non è scontato, garantito in partenza, ma necessita di un importante lavoro culturale continuato che solitamente sono in pochi, forse non a intraprendere, ma a portare avanti con perseveranza.
2. Si potrebbe affermare che lo sviluppo, l’evoluzione vera e propria comincia a partire dalla situazione diabolica (dal diavolo = che rappresenta gli stati inferiori dell’individuo), dove comincia la propriocezione (l’introspezione = io sono colui che sono, sono cosiffatto, non colui che m’illudevo, speravo di essere, o come mi volevano gli altri), in una rimessa in questione (la meta-noia, il ri-orientamento) e l’abbandono, o meglio la trasformazione dei “vecchi schemi esistenziali”::
ridar vita alla statua di sale “guardando in avanti” come Lot
(atteggiamento attivo, creativo),
e non nel “retrovisore” come sua moglie…
(atteggiamento passivo, autodistruttivo)
(Antico Testamento, Genesi, 19)
* * *
So long, I am around…
Fine della “Monografia”
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