INIZIAZIONE, TRADIZIONE, TRASMISSIONE E…
Prima parte
In relazione a una mia esperienza odierna, ho osservato qualcosa che mi è sembrato avesse a che fare con il titolo di queste pagine, soprattutto per rapporto a ciò che magari si sta cercando, anche se a prima vista potrebbe dare una tutt’altra impressione.
Dapprima ecco di che cosa si tratta in particolare, ma poi vorrei portare, distribuiti nel testo, altri esempi per corroborare quanto cercherò di evidenziare:
1. stavo ascoltando e guardando l’ultimo movimento del 5° e ultimo concerto per pianoforte di Beethoven (in audio-video su YouTube), interpretato da Valentina Lisitsa, una delle maggiori giovani pianiste attuali e, nei passaggi dei trilli (una successione molto rapida di due note sui medesimi tasti, suonate in alternanza l’una per rapporto all’altra), di cui questa parte del concerto è particolarmente ricca, mi resi conto che Valentina è una “grande maestra” dei trilli…
Incuriosito, l’ho osservata attentamente e ho notato che a differenza di altri pianisti, lei solleva lieve-mente il polso e la mano mentre esegue i trilli, cosa che non ho osservato negli altri, perché restano con mano e polso piuttosto vicini, aderenti alla tastiera, in una posizione simile a quella utilizzata durante tutti gli altri passaggi che stanno eseguendo.
Poiché mi sembrava di aver capito che cosa significava questo sollevare polso e mano, ossia di alleggerire il peso del braccio sulle dita e con ciò permettere un movimento più agevole e rapido, ho voluto provarlo al pianoforte ed effettivamente ho potuto eseguire trilli in modo diverso da quanto ero riuscito a fare ne-gli ultimi 70 anni, ossia con più facilità e meglio!
Dove Valentina abbia imparato questa modalità, oppure se l’ha scoperta per conto suo, questo non lo so. So soltanto che in un’intervista con una giornalista televisiva, aveva affermato che non rappresentava e seguiva nessuna scuola in particolare e che si esercitava al pianoforte all’incirca una decina-dozzina di ore al giorno!
Quindi, oppure la Lisitsa è stata iniziata oppure, ciò che mi sembra più probabile, si è autoiniziata, magari perfino inconsapevolmente.
Nello stesso ordine di idee ricordo un vecchio documentario in cui ho potuto osservare Jascha Heifetz, uno dei massimi violinisti del secolo scorso (1901-1987): tecnica irreprensibile, interprete sensibile e raffinato, che cito per una sua caratteristica, di cui sono rimasto colpito in modo particolare:
– alla fine di ogni stagione concertistica, quando si ritirava per le vacanze durante i mesi estivi nella sua casa di campagna, ricominciava ogni volta a studiare il violino da capo, esattamente come se fosse un principiante…!
Anche in questo caso, non sono al corrente se, a parte Heifetz, questa modalità la praticassero pure altri, gliela aveva trasmessa un collega, oppure se era una sua scoperta, un suo metodo: chi lo sa?
Anche se i suddetti casi rappresentano forse delle situazioni estreme, mi fanno venire in mente un altro dato, che si potrebbe considerare in una prospettiva simile, appreso da Karlfried Graf Dürckheim (nel suo “Centro di Terapia Iniziatica” nella Foresta Nera della Germania meridionale), ossia il concetto, descritto nel corrispondente testo “Il quotidiano come esercizio” che, a quanto pare, non esiste ancora in italiano (non sono ancora riuscito a scoprirlo), ma in tedesco e francese con i titoli: “Der Alltag als Übung”, “Pratique de la voie intérieure, le quotidien comme exercice”.
Concetto che in parole povere significa: nelle attività quotidiane, per così dire in ogni situazione che incontriamo queste possono rappresentare un esercizio di supporto per un processo di spiritualizzazione se realizzato con un optimum qualitativo delle nostre possibilità, come risulta in modo esemplare dal seguente aneddoto dell’insegnamento Zen, soprattutto per chi sa leggere tra le righe:
Maestro: – Hai mangiato?
Discepolo: – Sì, Maestro…
Maestro: – Bene, allora va’ e lava la tua scodella!
Per il semplice mortale (che tutti siamo), che cosa potrebbe significare?
Da un lato che quanto ci viene trasmesso, a monte può essere il risultato di un’intuizione, una scoperta, che poi si trasforma in sapere e potere ma pure, come affermava Carl Rogers (uno dei massimi psicologi statunitensi del secolo scorso):
“ Ciò che abbiamo ereditato dai nostri avi, dobbiamo conquistarlo per possederlo…”
Ovviamente l’ordine cronologico può, di volta in volta, risultare diverso come ad esempio:
che la percezione intuitiva può permanere alquanto a lungo, dando luogo ugualmente a una presa di potere, ben prima di una presa di coscienza, la quale può zoppicare nelle retrovie per parecchio tempo prima di assumere un carattere cognitivo, oppure può anche permanere definitivamente in una zona d’ombra della consapevolezza, pur rimanendo efficace sul piano dell’attuazione…
Dall’altro lato che si può scoprire anche da soli ciò che può diventare un contenuto cognitivo e poi trasformarsi in un potere consapevole.
Non fosse che un saper e poter fare anche cosiddette “piccole cose, ma se possibile grandemente” (parafrasando Teilhard de Chardin, importante paleontologo e teologo gesuita francese, 1881-1955).
Ora, ci sono state e ci sono tuttora delle personalità che negano la possibilità dell’autoiniziazione. così come ci sono coloro che hanno negato e negano la possibilità dell’autoanalisi nel campo psicanalitico (mentre Freud si è autoanalizzato, poiché è lui stesso che ha intuito, scoperto e creato la psicanalisi, indipendentemente dal fatto che la si apprezzi o meno!)
2. E ancora: ho avuto un amico, più anziano di me, ormai trapassato da tempo, che ha costruito dapprima per sé, in un secondo tempo per terzi, case e ville sui pendii che si affacciano su uno dei nostri laghi, senza aver percorso un iter classico per diventare architetto, riuscendoci però in modo autodidattico (e posso assicurarvi che le case e le ville sono piacevoli, funzionali e reggono tuttora, dopo più di mezzo secolo dalla loro costruzione)!
3. Questo significa che qualcuno, a un certo punto della storia inventa, crea qualcosa che può avviare un processo, che si delinea vieppiù strada facendo.
Vedi per esempio i capiscuola religiosi (come tra gli altri: Mosè, Gesù, Zoroastro, Joseph Smith per i mormoni, Baha U’llah per i baha’i…e molti altri), anche se magari invocano poi un qualche intervento trascendentale, non fosse che per giustificare il loro percorso (“Dio ha detto…”, “il mio Padre nei Cieli…”, “l’angelo Moroni mi ha rivelato…”, “sono la Manifestazione, la Bellezza di Dio che…” ecc. ecc. ecc.)
La prassi quotidiana dimostra che molti aspetti della vita si possono conquistare senza istituzioni, senza trasmissioni che cadono sotto i sensi (di tipo essoterico), o più “sottili e interiorizzate” che solitamente ci sfuggono (esoteriche), così come ritengo che l’autoiniziazione sia possibile, semplicemente per il fatto che i contenuti che rappresenta ed esprime sono comunque collocati in nuce, ossia impliciti come in un seme in tutti noi, vita natural durante e che quindi, avendo inizialmente un carattere virtuale, possono essere scoperti ed attuati senza dover far riferimento a cosiddetti “influssi spirituali” che vengono “misteriosamente” tramandati da “enti specializzati” a partire da un passato remoto “insondabile” !
D’altronde, spesso non si sa bene quali siano le radici di questi enti, perché da quando e quale sarebbe la “trasmissione regolare e quale no”, mentre non di rado fanno capo a racconti mitici, aventi carattere simbolico, ma che qua e là si vuol far passare esclusivamente come realtà storicamente avvenute, riducendone così sensibilmente anche la portata applicativa.
Quindi ci si può chiedere: chi ha definito “la trasmissione regolare” e ha deciso che debba assumere un’ autorevolezza privilegiata, decisiva ed esclusiva in mano a un’oligarchia per rapporto a terzi?
Per inciso:
da un punto di vista psicodinamico si possono considerare le suddette posizioni come “spiritualiste” (attenzione: non spiritiste che sono un’altra cosa), ossia tendenze che mettono eccessivamente l’accento sulla spiritualità, come se si trattasse dell’alfa e omega della Vita, come se non ci fossero altri aspetti altrettanto importanti (come ad esempio la salute o la vita sociale) !
Queste posizioni trovano talvolta la loro radice nel bisogno particolare di compensazione, nel porsi come enigmatico detentore di sapere e poteri esclusivi, sopravvalutando per esempio sé stessi, un indirizzo religioso, filosofico o politico, un’organizzazione, un’istituzione alla quale si appartiene e quant’altro.
Si può constatare ciò a cui sto alludendo, sempre in merito al problema della trasmissione, pure con l’ausilio di altri esempi, anche se ben diversi:
4. nel suolo di una parte del deserto del Sahel (nell’Africa nord-centrale), sonnecchiano per anni semi di svariate piante. Dopo alcune intense piogge (per traslato e per noi, leggi “stimoli di vario tipo”), che avvengono, almeno per quanto mi è stato riferito, solitamente a distanza di 7 anni all’incirca, durante le quali si può assistere a una fioritura variopinta straordinaria, eccezionale per un deserto che in quel particolare periodo non sembra più tale.
5. Così si può dire dei cereali che, trovati nelle tombe dei Faraoni e curati in modo competente, hanno dato luogo alla crescita di nuove piantine addirittura dopo alcuni millenni!
Comunque sia: la cosiddetta trasmissione di una “Tradizione iniziatica regolare”, qualora dovesse esistere (intendo una tradizione che si propone di trasmettere all’individuo dei valori edificanti), non sarebbe comunque una garanzia per l’attuazione di questi valori, mentre la scoperta individuale e/o collettiva autonoma di certi contenuti e le rispettive dinamiche, a partire da qualsiasi luogo, momento storico e qualsivoglia tipo di impulso, possono avviare nonostante tutto, compresi gli avvisi contrari, un processo di
realizzazione umana nonché spirituale.
6. Ancora un ultimo paragrafo a proposito del sapere e del potere riguardante sia le istituzioni iniziatiche che non:
– Per certi modelli del passato, ma che lo sono in gran parte attualmente, vale a dire quelli di tipo oligarchico, una piccola cerchia d’individui s’illude di potersi arrogare il diritto esclusivo a proposito di certe conoscenze e quindi di “averi e poteri”, custodendoli gelosamente nei confronti di altri individui o collet-tività, diffondendoli molto parsimoniosamente e spesso a non indifferenti condizioni di varia natura.
* * *
So long, I am around…
Fine della prima parte
Seconda parte
A questo proposito e in contrasto con la modalità oligarchica, desidero riportare di nuovo un’esperienza personale (1955-58, di cui si può fare la dovuta trasposizione nel campo che c’interessa), vissuta in un Kibuz israeliano (villaggio collettivista che vive in autogestione, nella parità dei diritti e doveri di tutti i suoi membri):
– A un certo momento, quasi all’inizio del mio soggiorno triennale in quella comunità, sono stato invitato dal responsabile delle piantagioni di frutta subtropicale (responsabilità attribuitagli democraticamente dalla comunità, quindi né un ruolo di direttore e tanto meno di proprietario, ossia privo di averi/poteri particolari!) di lavorare con lui personalmente e, dopo il mio consenso (si poteva soltanto proporre e non imporre), mi iniziò a tutti i lavori concernenti le piantagioni, dandomi inoltre un mazzo di testi corri-spondenti da leggere, tant’è che in poco tempo, “senza nepotismi o condizioni, gratuitamente, senza problemi competitivi, di rivalità e quant’altro” ero in grado di gestire una piantagione, dalla sua creazione al-la messa a fuoco al termine della sua redditività.
Il “responsabile” lo faceva ovviamente per aumentare la competenza dei suoi pari e collaboratori, per il bene della comunità, e non custodiva gelosamente e banalmente le proprie competenze per il proprio tor-naconto, essendo pur sempre responsabile di una cifra d’affari che si aggirava attorno ai milioni con una coda di sei zero annui, dei quali non ricavava alcunché più degli altri (niente “buoni d’entrata”, niente “gratificazioni intermedie”, niente “buoni d’uscita”, quindi nessun avere e/o potere particolare, nulla di più che non avessero gli altri!)
Inoltre: la gratificazione essenziale era/è riposta nella qualità dell’impegno investito nell’attività quotidiana (“nel mangiare e poi lavare in modo adeguato la scodella” secondo la tradizione Zen) e non in un qualche stipendio particolare ambito sia nel presente che proiettato nel futuro!
Prima morale della favola:
– solitamente non c’è una sola modalità per gestire le circostanze, gli eventi, il nostro percorso esistenziale, la nostra Vita in toto, anche se spesso ci si vuol far credere il contrario e, anche se le “Vie del Signore non sono proprio infinite”, una qualche alternativa non di rado esiste: si tratta di cercarla e se possibile realizzarla non fosse che in parte, secondo le nostre possibilità, senza pensare che sia caduta o debba “cadere dal Cielo”, trasmessa tramite una modalità occulta, tramite un qualche trascendentale evento e/o procedimento.
APPENDICE I
Vorrei sottolineare un particolare, a proposito del titolo di queste pagine: ciò che concerne l’aspetto creativo ed evolutivo di molti fenomeni che richiedono un certo tempo per il loro compimento, tempi imprevedibili, che concernono pure le trasmissioni, le tradizioni, ma in un altro senso che quello degli “influssi sottili, indicibili, inafferrabili, metafisici” che taluni, come già accennato, intendono proporci.
Un primo esempio concreto, proprio “terre à terre” tra altri possibili:
7. la rivoluzione copernicana (che avvenne all’incirca all’inizio del 16° secolo con la scoperta “dell’elio-centrismo”): a partire dall’antichità greca, durante la quale si supponeva la terra rotonda e non situata al centro dell’Universo, l’occidente giunse ad una rimozione, a prima vista incomprensibile di questo acquisito, postulando una dottrina secondo la quale la terra era piatta e situata al centro dell’Universo (dogma denominato pure “geocentrismo”: leggi per traslato “egocentrismo”, con le sillabe “geo-ego”, disposte in modo anagrammatico).
Forse non a caso e in generale, per questa ragione siamo diventati così egocentrici, creando forme di vita corrispondenti, come lo possiamo constatare senza difficoltà tuttora più o meno ovunque.
Anche se è possibile affermare il contrario, ossia: essendo l’egocentrismo una delle caratteristiche fondamentali dell’essere umano, non evolvendo sufficientemente (verso l’allo- e l’olocentrismo), l’individuo umano continua a creare prevalentemente forme di vita egocentriche!
Quello del geocentrismo era il periodo medievale e in parte rinascimentale, in cui affermare il contrario veniva severamente inquisito e condannato…
Questo sistema, detto pure tolemaico, durò come affermato, fino all’inizio del 16° sec. in cui Copernico (astronomo polacco), dopo accurati calcoli (salvo errore, ripetuti completamente all’incirca due volte nell’arco di 10 anni, per la propria incredulità nei confronti dei risultati raggiunti in un primo tempo), giunse alla conclusione che la terra era rotonda, non al centro dell’Universo, ma che con gli altri pianeti girasse attorno al sole, il quale invece era situato al centro dell’Universo (concetto eliocentrico)!
Con il trascorrere del tempo (non ricordo più bene i tempi precisi, ma credo si trattasse di alcuni secoli), si scoprì che anche il sole non era collocato al centro dell’Universo ma che, con i pianetini che gli ronzavano d’attorno era situato in un angolino di un’immensa galassia (la Via Lattea) e che di galassie simili ce n’erano a miliardi (pare all’incirca 23 miliardi!!!). in questo e forse in altri Universi ipotizzati paralleli.
Tutto ciò in un permanente susseguirsi di processi trasformativi che, almeno nel nostro Universo, definito poi “pulsante” oppure “oscillante”, e come mi sembra di avere già accennato in un testo precedente, si modificava grazie ai “Big Bang (grandi botti iniziali con l’espansione dell’Universo), i Big Rip (le lacerazioni della materia) e i Big Crunch” (ripiegamenti, riconcentrazioni della materia su sé stessa), per dar luogo di nuovo a dei Big Bang e così da sempre a sempre (visione “olistica” dell’Universo, concetto che non mi sembra di facile approccio).
(Attualmente ci sono perfino delle tendenze a voler escludere il, o i Big Bang dalla cosmologia)
Quindi, all’incirca durante un periodo di due millenni, si è passati dall’intuizione degli atomisti greci, al dogmatismo estremista dei geocentrici, ad una prima modalità scientifica con l’elio- ed infine l’olocen-trismo.
(C’è d’altronde un capitoletto che ho dedicato a questa “favola” nel mio testo l’Albero di Pasqua, nella categoria della “Narrativa” del blog: “La Bella e la Bestia”, ossia “La Relatività e il Dogma”).
Un secondo esempio, un po’ meno terre à terre:
8. il Tai Ci Tu (ossia “la mappa dei due poli”) detto comunemente Yin-Yang (uno dei massimi simboli dell’umanità a significato universale), che si trova già citato nel 3° sec. a.C. all’interno della scuola dello Yin-Yang-Cià (Chia), anche se le prime avvisaglie grafiche datano soltanto dell’8° secolo della nostra era, ma…
ma sono “nate” da una forma embrionale (di semplice giustapposizione di parti circolari bianche e nere in modo alternato), che è andata evolvendo, “crescendo” nei secoli successivi, assumendo via via diverse forme, per arrivare a noi in quella attuale della “maturità”, non prima del basso medioevo (quindi all’incirca mezzo millennio dopo). Nel caso appena citato esistono, per riprendere il discorso di ciò “che cade o non cade dal Cielo”, alcuni nominativi storicamente accertati che testimoniano come sia stato importante che, sia all’inizio che durante l’evoluzione del simbolo, intervenissero dei personaggi in carne ed ossa per crearlo e modificarlo!
Certamente saranno stati dei personaggi particolari, diciamo pure ispirati, che hanno saputo cogliere dei principi fondamentali inerenti alla Vita, principi comprovati pure da ricerche recenti (vedi per esempio il filosofo delle scienze Stéphane Lupasco ed esposte nel suo interessante testo: “La tragédie de l’énergie – philosophie et sciences du XXème siècle”, “La tragedia dell’energia”, nelle Edizioni Paoline, ma credo attualmente irreperibile, o soltanto tramite antiquariato).
Ricerche in cui Lupasco ci presenta l’energia tramite le diverse forme che crea, investe, disinveste, reinveste e così di seguito, con le sue componenti apparentemente contradditorie, ma necessarie per la “sopravvivenza dell’energia e con ciò della Vita stessa” (in cui intravvede e propone, oltre la logica classica, anche “la logica del contradditorio” come estremamente fertile per la ricerca scientifica in generale, ma penso pure per una ricerca spirituale).
Stavo citando personaggi, in grado di dare a quei principi e poco a poco la forma più idonea per esprimerli, non soltanto nel modo più sintetico possibile, ma pure in una modalità (quella simbolica) che potesse stimolare eventuali “spettatori/interpreti” ad elaborarne il contenuto e coglierne sia l’essenza che le possibili applicazioni, nonostante l’aspetto enigmatico, che va ben al di là di ciò che generalmente si suppone e che solitamente si valuta in modo assai riduttivo…
E ancora: personaggi che, con interventi ben mirati, storicamente definibili e non dei “fantasmi”, delle apparizioni per così dire “ab nihilo”, sono riusciti a promuoverne la realizzazione nella forma attuale!
Seconda morale della favola:
è molto probabile che la Via Iniziatica corrisponda a una realtà implicita nell’Eternità e nell’Infinito.
È impersonale e indipendente da istituzioni di qualsiasi genere esse siano, ma che talvolta fanno il “disperato tentativo” di aiutare gli individui a percorrerla.
Altri esseri umani riescono a percepirla direttamente, cercando di mettersi all’unisono con essa e camminare nelle sue tracce magari vita naturale durante, forse anche inconsapevolmente.
Alla dipartita di tutti quanti, la Via permane e prosegue il proprio cammino nell’Eternità e nell’Infinito: Universo che d’altronde non ha mai abbandonato, ragione per cui è e sarà pure percettibile nonché talvolta accettata e seguita da altre generazioni presenti e future, che siano “regolarmente affiliate” o “irregolari”: generazioni nate, cresciute e vissute all’interno dei canoni dell’establishment iniziatico, oppure composte da outsider come certi personaggi che siano di colore, donne perché comunque e spesso considerate “irregolari” , infine da “trovatelli, orfani, meticci, bastardi e quant’altro”, perché:
“Spiritus ubi vult spirat…”
Vangelo di “San Giovanni, il divino”: 3,8
(N.B. c’è una chiesa così denominata a NY, “Saint John the Divine” vicino alla quale mi sono trovato quasi “per caso” un bel giorno degli anni 70 !)
Per divino e quindi spirituale, si potrebbe intendere ciò che è attinente alla percezione e alla concatenazione con gli aspetti, con i Principi della Vita di tipo impersonale, universale…
come ad esempio l’indistruttibilità, la permanenza dell’energia che anima l’Universo, la creazione delle innumerevoli forme che lo abitano, il tentativo della loro conservazione e la loro successiva distruzione, o meglio in un’ottica più globale:
la loro eterna trasformazione, il tutto ovviamente e anche indipendentemente dall’essere umano, che non sembra rappresentare il coronamento, bensì semplicemente una parte dell’Universo, come tutto il resto…
Vorrei ancora aggiungere che nel campo esistenziale (essoterico) rientrano tutte le categorie tipicamente umane, come ad esempio quelle di “bello-brutto, bene-male, giusto-ingiusto, fortunato-sfortunato, felice-infelice, virtù-peccato, capace-incapace, stolto-saggio, ecc. ecc.”, mentre da un punto di vista essenziale (esoterico) questi aspetti non corrispondono a una realtà assoluta, ma sono relativi all’interpretazione umana, quindi sono…non questo o altro, non come diamo loro degli attributi e li definiamo noi (come li inseriamo noi nella nostra prospettiva umana), ma sono…sono semplicemente, punto e basta:
“Io sono colui che sono” rispose il Dio simbolico alla richiesta di Mosè (Antico Testamento: Esodo, 3.14), quando questi volle sapere dalla “Massima Istanza” che cosa doveva dire al popolo quando lo avrebbero interrogato sull’origine e la trasmissione delle “Tavole dei dieci comandamenti”.
Con ciò si cerca di farci capire che la definizione di Dio è simbolo del Mistero di ciò che è: che Dio non è questa o un’altra cosa specifica ben definita o definibile, ma “che è”, altrimenti non sarebbe correlato all’Eternità e all’Infinito, che rimangono indefinibili e che sono: è questa l’essenzialità, da “esse” il verbo latino per essere, d’altronde leggibile con significato invariabile nei due sensi, puro caso?
Lascio l’ultima parola al Sommo Poeta, perché ci parla dell’essenzialità dei simboli, veicoli privilegiati delle vie iniziatiche, dei processi di spiritualizzazione tout court, accessibili a coloro che vogliono e possono penetrarli indipendentemente dalla loro estrazione, dall’affiliazione regolare o meno (ma la penultima a Erich Fromm quando affermava:
“Ritengo che il linguaggio simbolico è l’unica lingua straniera che ognuno di noi dovrebbe imparare”)
“Lo quarto senso si chiama anagogico, cioè sovrasenso e questo è quando spiritualmente si pone una scrittura, la quale ancora sia vera eziandio nel senso litterale, per le cose significate significa de le superne cose l’etternal gloria!“ (Dante, Convivio: Trattato secondo, I.)
“Oh beati quelli pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca!” (Dante, Convivio: Trattato primo, I.)
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So long, I am around…
Fine della “Monografia”
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